2° DOMENICA DI QUARESIMA
28- 02 -2010
(Luca cap. 9) [28]Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. [29]E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. [30]Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, [31]apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. [32]Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. [33]Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva. [34]Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura. [35]E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo». [36]Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Gesù si fa accompagnare da Pietro Giacomo e Giovanni per andare a pregare su un alto monte che la tradizione identifica nel monte Tabor che si innalza solitario in mezzo alla pianura di Izreel, in Galilea. Si fa accompagnare perché vuole mostrare loro la sua gloria dopo i discorsi che avevano fatto prima e la dichiarazione di Pietro sulla messianicità di Gesù e le condizioni per seguirlo (Lc 8,20SS). Manifestare la gloria di Gesù vuol dire uscire dalle dimensioni terrene per entrare in una dimensione nuova, sconosciuta ai cinque sensi dell’uomo. Avendo l’uomo messo la dimora di Dio nei cieli, in alto, l’alto monte porrebbe l’uomo più vicino a Dio, ma forse era semplicemente il desiderio di solitudine per una preghiera più profonda e partecipata. Nella preghiera il volto di Gesù per primo e poi tutto il suo corpo con le sue vesti assumono uno splendore mai visto. Pietro, Giacomo e Giovanni sono oppressi da un sonno, un torpore inusuale, ma, ciò non ostante, non sfugge loro nessun particolare. Forse più che sonno è un torpore interiore, il senso di una pace completa, di completo abbandono in Dio cui è stata rivolta la preghiera. Pietro, Giacomo e Giovanni conoscevano la dimensione umana di Gesù, mentre ora sono ammessi a contemplare la sua natura divina. Per contemplare la natura divina di Gesù occorre andare in Paradiso, ma Gesù ha creato sulla terra, intorno a loro tre, uno spicchio di quella patria celeste cui l’uomo è ammesso solo alla fine della vita terrena. Vedono, nel loro torpore, due uomini che conversano con Gesù. Li identificano subito come Mosè ed Elia, il legislatore e il profeta per eccellenza. Chi ha detto loro che quei due uomini erano Mosè ed Elia e non, per esempio, Abramo e Geremia o qualsiasi altra coppia di personaggi dell’Antico Testamento? E’ proprio della vita ultra terrena, del Paradiso per intenderci, conoscere senza insegnamento, sapere senza essere istruiti in proposito: nessuno glielo ha detto, eppure lo sanno. E’ talmente bello tutto ciò che Pietro, il più intraprendente fra i tre, propone di fare tre tende: una per Gesù, una per Mosè ed una per Elia; purché questo che non è sogno, ma realtà tangibile, non finisca. “Egli non sapeva quel che diceva.” Forse. O forse lo sapeva benissimo, ma è difficile uscire da una realtà di pace e serenità incomparabile. Qualcuno nella proposta di Pietro ha voluto vedere il tentativo fatto da Pietro di distrarre Gesù dal compimento della sua missione in Gerusalemme, sulla Croce, visto anche i discorsi che Gesù e i due personaggi tenevano nel loro conversare. Io non lo credo: è difficile staccarsi sia pure da solo uno spicchio di Paradiso per ritornare alla realtà. Comunque sia è qui, nella manifestazione della divinità di Gesù, nella teofania, nella presenza tenebrosa ed inquietante di Dio, nella nube che gli apostoli trovano la loro fede. Gli Apostoli sono coperti dall’ombra della nube e sono preparati all’ascolto secondo la verità della fede. Loro sanno che Dio li ha avvolti di Sé. Gesù si è manifestato non solo ai suoi Apostoli, ma anche a noi oggi. Noi non possiamo rimanere insensibili spettatori di questa teofania, come se non ci riguardasse. E’ questo spesso il nostro atteggiamento nel leggere questo brano, però Gesù ha voluto, e vuole, manifestarsi anche a noi oggi. Anche noi dobbiamo lasciarci avvolgere dalla nube e rafforzare la nostra fede, lasciandoci avvolgere non dalla paura, ma dal giusto timore dovuto. Gesù manifesta a noi oggi la sua divinità perché ci abbandoniamo a Lui.
martedì 23 febbraio 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento