martedì 23 febbraio 2010

2° DOMENICA DI QUARESIMA

2° DOMENICA DI QUARESIMA
28- 02 -2010
(Luca cap. 9) [28]Circa otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. [29]E, mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. [30]Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, [31]apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. [32]Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. [33]Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva. [34]Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all'entrare in quella nube, ebbero paura. [35]E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo». [36]Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Gesù si fa accompagnare da Pietro Giacomo e Giovanni per andare a pregare su un alto monte che la tradizione identifica nel monte Tabor che si innalza solitario in mezzo alla pianura di Izreel, in Galilea. Si fa accompagnare perché vuole mostrare loro la sua gloria dopo i discorsi che avevano fatto prima e la dichiarazione di Pietro sulla messianicità di Gesù e le condizioni per seguirlo (Lc 8,20SS). Manifestare la gloria di Gesù vuol dire uscire dalle dimensioni terrene per entrare in una dimensione nuova, sconosciuta ai cinque sensi dell’uomo. Avendo l’uomo messo la dimora di Dio nei cieli, in alto, l’alto monte porrebbe l’uomo più vicino a Dio, ma forse era semplicemente il desiderio di solitudine per una preghiera più profonda e partecipata. Nella preghiera il volto di Gesù per primo e poi tutto il suo corpo con le sue vesti assumono uno splendore mai visto. Pietro, Giacomo e Giovanni sono oppressi da un sonno, un torpore inusuale, ma, ciò non ostante, non sfugge loro nessun particolare. Forse più che sonno è un torpore interiore, il senso di una pace completa, di completo abbandono in Dio cui è stata rivolta la preghiera. Pietro, Giacomo e Giovanni conoscevano la dimensione umana di Gesù, mentre ora sono ammessi a contemplare la sua natura divina. Per contemplare la natura divina di Gesù occorre andare in Paradiso, ma Gesù ha creato sulla terra, intorno a loro tre, uno spicchio di quella patria celeste cui l’uomo è ammesso solo alla fine della vita terrena. Vedono, nel loro torpore, due uomini che conversano con Gesù. Li identificano subito come Mosè ed Elia, il legislatore e il profeta per eccellenza. Chi ha detto loro che quei due uomini erano Mosè ed Elia e non, per esempio, Abramo e Geremia o qualsiasi altra coppia di personaggi dell’Antico Testamento? E’ proprio della vita ultra terrena, del Paradiso per intenderci, conoscere senza insegnamento, sapere senza essere istruiti in proposito: nessuno glielo ha detto, eppure lo sanno. E’ talmente bello tutto ciò che Pietro, il più intraprendente fra i tre, propone di fare tre tende: una per Gesù, una per Mosè ed una per Elia; purché questo che non è sogno, ma realtà tangibile, non finisca. “Egli non sapeva quel che diceva.” Forse. O forse lo sapeva benissimo, ma è difficile uscire da una realtà di pace e serenità incomparabile. Qualcuno nella proposta di Pietro ha voluto vedere il tentativo fatto da Pietro di distrarre Gesù dal compimento della sua missione in Gerusalemme, sulla Croce, visto anche i discorsi che Gesù e i due personaggi tenevano nel loro conversare. Io non lo credo: è difficile staccarsi sia pure da solo uno spicchio di Paradiso per ritornare alla realtà. Comunque sia è qui, nella manifestazione della divinità di Gesù, nella teofania, nella presenza tenebrosa ed inquietante di Dio, nella nube che gli apostoli trovano la loro fede. Gli Apostoli sono coperti dall’ombra della nube e sono preparati all’ascolto secondo la verità della fede. Loro sanno che Dio li ha avvolti di Sé. Gesù si è manifestato non solo ai suoi Apostoli, ma anche a noi oggi. Noi non possiamo rimanere insensibili spettatori di questa teofania, come se non ci riguardasse. E’ questo spesso il nostro atteggiamento nel leggere questo brano, però Gesù ha voluto, e vuole, manifestarsi anche a noi oggi. Anche noi dobbiamo lasciarci avvolgere dalla nube e rafforzare la nostra fede, lasciandoci avvolgere non dalla paura, ma dal giusto timore dovuto. Gesù manifesta a noi oggi la sua divinità perché ci abbandoniamo a Lui.

lunedì 15 febbraio 2010

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

I° DOM DI QUARESIMA ANNO C - 21/02/2010

(Luca cap. 4) [1]Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto [2]dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. [3]Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane». [4]Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo». [5]Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: [6]«Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. [7]Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». [8]Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». [9]Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; [10]sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, // perché essi ti custodiscano; [11]e anche: essi ti sosterranno con le mani, // perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
[12]Gesù gli rispose: «E' stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». [13]Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

Le tentazioni di Gesù nel deserto sono le tentazioni dell’uomo, sono le nostre tentazioni. Gesù non poteva essere tentato se non nella sua dimensione umana ed a queste il diavolo si rivolge. L’uomo rifiuta l’essenzialità della vita quale può essere quella del deserto. La prima tentazione è quella di avere (il pane) senza sofferenza, senza sacrificio, senza il lavoro cui l’uomo è stato condannato, quando fu scacciato dall’Eden: “Maledetto sia il suolo per causa tua! // Con dolore ne trarrai il cibo // per tutti i giorni della tua vita.”. (Gen.3) Ottenuto il pane l’uomo non si accontenta mai, vuole sempre di più. Eppure ci sono cose più importanti del pane. Quando nella recita del “Padre nostro” diciamo “dacci oggi il nostro pane quotidiano” ci riferiamo al nostro sostentamento fisico, ma mi piace pensare nella recita: ” Dammi oggi di fare la tua volontà, di assecondare il tuo progetto di salvezza”; questo è questo che voglio mi sostenti, il resto mi sarà dato in più.
La seconda tentazione riguarda il potere politico ed economico. Chi di noi non ha mai sognato ( non dico desiderato) di avere potere politico e potere economico per sanare magari delle ingiustizie che, ai nostri occhi, gridano vendetta? Crediamo in questo nostro sogno di compiere opera di giustizia, mentre invece rifiutiamo la realtà, rigettiamo ciò che il Signore ha disposto per sostituirla con un nostro progetto. Non crediamo che questo sia ribellione a Dio? Ci siamo assoggettando al progetto del diavolo.
Il diavolo cita qui il salmo 91, il salmo che si recita tutte le sere della domenica o delle “Solennità” a “compieta”, l’ultima preghiera prima del riposo notturno. Io, forse sbaglio, non lo attribuisco solo a Gesù, Figlio di Dio, ma ad ogni creatura timorata di Dio e quindi anche a me stesso. Io mi sento molto consolato da questo salmo, so di essere costantemente sotto la protezione di Dio. La terza tentazione, è la tentazione non solo di assoggettare la natura, ma addirittura di sovvertirne le leggi (in questo caso la legge di gravità), di soggiogarle alla nostra volontà o, se vogliamo, al nostro capriccio. Il diavolo cerca sempre metterci contro Dio. D’altronde il diavolo in ebraico è “satàn”, l’avversario(di Dio) e in greco è stato tradotto “διαβολος” che a sua volta è composto da “βαλλειν” mettere e “δια”contro: “colui che mette contro” (Dio).
Il diavolo è potente, ma non può tutto. Non sa che Gesù è il Figlio di Dio, non creato ma generato e contro il quale non può nulla, pertanto, come detto prima, le tentazioni non sono per Gesù, ma per noi. Noi siamo l’oggetto delle sue tentazioni.

martedì 9 febbraio 2010

SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

VI DOM DEL T.O. - 14/02/2010

(Luca cap. 6)
[17]Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone
[20]Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
«Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
[21]Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
[22]Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. [23]Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.
[24]Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
[25]Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
[26]Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

In questa domenica, ultima del Tempo Ordinario prima della Quaresima, la Sacra liturgia ci propone la versione di Luca delle Beatitudini. Al contrario della versione riferita dal Vangelo di Matteo, più nota e conosciuta, la versione di Luca, riferisce anche quattro “guai !”. Si potrebbe dire che queste “messe in guardia”, questi avvertimenti siano il rovescio della medaglia: da un lato le “beatitudini” dall’altro i “guai!”. E’ un modo più incisivo, più realistico per avvicinarsi alla realtà. Se con le beatitudini ciascuno di noi si sforza di identificarsi con una di esse, ricercando in se stesso le virtù che possano identificarlo in una almeno, le quattro ammonizioni che fa seguire Luca ci danno uno scossone e dai sogni rosei ci riporta alla dura verità della nostra vita. Forse nessuno di noi si identifica col ricco, ma neppure con gli indigenti e la coscienza di non avere sempre e in ogni occasione dato una mano a chi era meno fortunato di noi ci costringe alla riflessione sul nostro stato. La domanda è questa: “ Ho fatto buon uso di quanto il Signore mi ha concesso? Sono stato sempre cosciente che quanto ho mi è stato generosamente prestato dal Signore, senza mio merito alcuno?” Voglio insistere sul verbo “prestato” (e non “posseduto”) perché, in effetti, noi non siamo padroni di nulla e quanto dichiariamo “nostro”, non ci appartiene nel modo più assoluto.
(Giobbe cap. 1)
«Nudo uscii dal seno di mia madre,
e nudo vi ritornerò.
Io penso, e spero, che molti di noi vivono nella serenità di una famiglia, circondati dall’affetto dei parenti, conducendo un’esistenza ovattata in cui l’angoscia e la tristezza viene, per così dire, lasciata fuori della porta. Però non è detto che tutto sarà sempre così: il dolore, l’angoscia, la sofferenza sono dietro l’angolo. Anche se ogni giorno preghiamo “Padre nostro… non ci indurre in tentazione…”, cioè: “Signore, non metterci alla prova, perché siamo consci della nostra fragilità”, sappiamo che queste prove il Signore ce le manderà. Il Signore ci metterà alla prova non perché il Signore è sadico e vuole vederci soffrire, ma per la nostra fortificazione, per farci fare ancora un altro passo verso di Lui, per la nostra santificazione.
L’ultimo “guai a voi!” potrebbe essere rivolto anche a coloro che, pur non essendo profeti e neppure ritenendosi tali, si crogiolano nelle pratiche di religione cercando ammirazione e rispetto. Questi io credo possano essere assimilati ai falsi profeti che cercavano di compiacere quelli ai quali si rivolgevano ricavandone rispetto e prestigio, mentre sappiamo che i veri profeti, andando contro il pensare comune e avendo in mente solo le parole del Signore, andavano quasi sempre incontro alla morte.

sabato 6 febbraio 2010

QUINTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

V DOM. T. O. ANNO C07 – 05/02/2010

(Luca cap. 5) [1]Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret [2]e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. [3]Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
[4]Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». [5]Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». [6]E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. [7]Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. [8]Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore». [9]Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; [10]così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». [11]Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

“[1]Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret.” Luca precisa che Gesù è “levato in piedi”, quindi non sta né insegnando né predicando: è in attesa. “presso il lago” . Il lago è il mondo nel quale si trovano tante creature da trarre in salvo, da pescare.
“vide due barche” Perché il vangelo ci dice che c’erano “due barche” ormeggiate? Perché non una o tre o quattro? Questa, forse inopportuna, precisazione vuol dirci qualcosa? Non è che vuole indicarci le due alleanze, quella di Mosè e quella di Cristo? Un esegeta ferrato non avrebbe dubbi, ma io, che esegeta non sono, sto in attesa di essere smentito, pronto a correggermi. Nel frattempo proseguo nella mia lettura allegorica e penso che una barca sia pronta ad essere usata (come avverrà che sia usata), mentre l’altra è in disuso, ha finito il suo compito: ”Non hanno più vino”. “(Gio. 2,3) Non vuol dire che questa alleanza venga cancellata, sarà sempre attiva perché il Signore non ritira mai la sua promessa. Ancora ai tempi di Gesù c’erano i “proseliti”, cioè quelli che non essendo di stirpe ebraica aderivano alla legge di Mosè; oggi, diceva un professore dell’Università di Tel Aviv : “Non è conveniente essere ebrei !”
“I pescatori erano scesi e lavavano le reti.” Il Signore Gesù dirà che il regno dei cieli è simile ad una rete gettata in mare:”(Matteo cap. 13) [47]Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. [48]Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi.”
“Salì in una barca”. Continuando nella lettura allegorica, possiamo dire che la barca è la Chiesa cui sarà affidata la Parola di Dio perché la custodisca con fedeltà e amore e che fedelmente la diffonda.
“scostarsi un poco da terra”. Per parlare al mondo, la Chiesa deve essere nel mondo per questo prega Simone che è il padrone della barca di “.scostarsi un poco da terra”.
”Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.” Il maestro parla ai suoi discepoli da seduto. Così pure il giudice che non giudica stando in piedi, ma seduto perché incarna, è in persona del giudice supremo, cioè il re o il principe che manifesta la sua autorità e il suo potere stando seduto in trono. Da seduto Gesù si mise ad ammaestrare le folle. L’ammaestramento, l’insegnamento di Gesù non è come quello degli scribi, ma insegna con autorità, con l’autorità di Colui che sta seduto sul trono celeste.
Gesù non intende approfittare gratuitamente della barca e della disponibilità di Simone: Gesù paga tutto e generosamente. Vedi: “(Matteo cap. 19) [29]Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”. Per questo prega Simone di andare al largo e gettare le reti, ma Simone è scettico, ma pur non convinto, getta le reti. Simone ubbidisce pur non avendo fatto di ubbidienza: ”sulla tua parola getterò le reti”.
“ presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano” . E’ Simone che ha pescato? Io sarei propenso a dire che è Gesù che ha pescato, è sempre Gesù che pesca. Simone, come noi oggi, crediamo di far qualcosa, e taluno si crede addirittura indispensabile, ma è sempre Gesù che getta le reti. Quella volta per mano di Simone, oggi per mano di chi vuole Lui.
“Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli”. Ecco che viene chiamata ad aiutare anche l’altra barca, quella messa da parte prima, ma non scartata. Se potessimo proseguire con la nostra lettura allegorica – ma mi rendo conto che è un discorso azzardato - diremmo con Paolo che: “[29] i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!”(Rom 11) e, dal momento che si basano sulla fedeltà di Dio alla parola data e non sulla risposta più o meno adeguata degli uomini, potremmo sperare nel rientro del popolo ebraico con la sua barca-alleanza nella pesca per il regno dei cieli. E’ un discorso azzardato, ripeto, ma suffragato dall’argomentare di Paolo nei capitoli 9,10,11 della Lettera ai Romani.
“[8]Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù”. Presumo che siano ritornati a terra e che Gesù sia nuovamente “levato in piedi” sulla riva del lago. Ma chi ci ricorda il “levato in piedi” ? Non è forse il Cristo Risorto “levato in piedi” ? Levato in piedi per chiamare. Infatti chiama Simone e Andrea e figli di Zebedeo che “[11]Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. Così, semplicemente, lasciarono tutto e seguirono Gesù, senza curarsi d’altro. E noi…?