lunedì 26 aprile 2010

TEMPO DI PASQUA

V° DOMENICA DI PASQUA
2 MAGGIO 2010
(Giovanni cap. 13) 31]Quand'egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. [32]Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. [33]Figlioli, ancora per poco sono con voi; [34]Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. [35]Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».
Questo brano del Vangelo di Giovanni, a leggerlo tenendo presente quello che ci ha insegnato il mondo, è sconvolgente. Sconvolgente nel vero senso della parola: ci sconvolge. Questa affermazione di Gesù è incredibile, umanamente parlando. Ma come? Giuda è appena uscito e con lui satana, ed “era notte”, e Gesù dice che “il Figlio dell’uomo”, cioè lui, è stato glorificato. Giuda, uno dei suoi amici più cari sta per consegnarlo ai suoi nemici che lo metteranno a morte, e Lui dice: “ sono glorificato”. Non solo: ” e anche Dio è stato glorificato in lui”. Evidentemente il concetto che noi ci siamo fatti della gloria è errato. Dopo qualche ora dagli avvenimenti narrati in questo brano, Gesù affronterà la sua passione, la tremenda esperienza subita nell’orto del Getsemani e poi la croce e dice che Dio è stato glorificato in lui. Ma allora la gloria non è nel soddisfacimento delle esigenze del corpo, anche se legittime, ma è altrove. Forse è proprio in quelle situazioni, da noi tanto deprecate e rifuggite come la sofferenza, la malattia, persino la morte, che risiede la vera gloria, ciò di cui ci si possa vantare.
(Salmo 23) [4]Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.

La “valle oscura” del salmista è la valle della morte, è la morte stessa. Ma neppure di quella devo avere paura “perché tu sei con me”. In ogni prova, in ogni sofferenza il Signore è con me per consolarmi, per sostenermi, per ricordarmi le sue promesse.
Certo nel lunghissimo, interminabile momento della sofferenza tutto sembra buio, ma è anche il tempo della riflessione, del guardarsi dentro, di esaminarsi a fondo, per autoconoscersi intimamente e stilare una scala di valori, vedere cosa è importante e cosa lo è di meno o cosa non ha valore alcuno.
Naturalmente tutto ciò è quella che, con una brutta e deprecabile espressione, definiamo una rivoluzione copernicana: ha valore quello che sembrava un non valore. Non è facile accettarlo, ma è necessario rivedere la nostra scala di valori.
Il Signore Gesù nello stesso brano che la liturgia ci ha proposto ce ne dà la chiave, quando dice: ”[34]Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri.”.
Gesù, lo sappiamo, ci ha amati fino a dare la sua vita per noi; e noi dobbiamo fare altrettanto. Non capisco? Io devo amare. Ho difficoltà? Io devo amare. Mi costa sacrificio? Io devo amare. E’ contro il mio istinto? Io devo amare.
Amare, amare, amare sempre.

mercoledì 14 aprile 2010

III°DOMENICA DI PASQUA

III° DOMENICA DI PASQUA ANNO C
18 – 04 – 2010
(Giovanni cap. 21) [1]Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: [2]si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. [3]Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
[4]Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. [5]Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». [6]Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. [7]Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «E' il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. [8]Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
[9]Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. [10]Disse loro Gesù: «Portate un pò del pesce che avete preso or ora». [11]Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. [12]Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore.
[13]Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. [14]Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
[15]Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». [16]Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». [17]Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. [18]In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». [19]Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi»
La Santa Liturgia questa domenica ci propone di riflettere sulla manifestazione di Gesù ad un gruppo di Apostoli sul lago di Tiberiade. Dice il Vangelo di Giovanni che questa era la terza volta che il Signore Risorto appariva ai discepoli. Nonostante il Signore fosse apparso loro la sera stessa della Risurrezione e otto giorni dopo, il loro animo non era certamente molto rinfrancato. La decisione di Simon Pietro ”Io vado a pescare” non mi sembra l’espressione di un pescatore di professione che, dopo un certo intervallo, riprenda la propria attività lavorativa, ma piuttosto di quello che ha il desiderio di allontanarsi da pensieri e problemi che lo angosciano distraendosi facendo l’attività che sa fare e che ha sempre fatto; nel caso specifico di Simon Pietro andando a pescare. E gli altri discepoli che erano con lui non è che se la passassero molto meglio, da un punto di vista psicologico. Comunque all’alba uno sconosciuto sulla riva del lago li interpella chiedendo se avevano qualcosa da mangiare. Alla loro risposta negativa li invita a gettare la rete alla destra della barca e così presero una quantità di pesci tali da mettere in pericolo la solidità della rete. Giovanni, memore di quell’altra volta che il Signore li aveva invitati a gettare la rete e avevano preso un’enorme quantità di pesci (Lc. 5,4-10), e ricordandosi delle tracce lasciate nel sepolcro dalla Risurrezione di Gesù, afferma sicuro: ”E’il Signore”. Pietro non aspetta di arrivare a riva per andare incontro al Signore, ma si butta in acqua così come era. L’aveva rinnegato tre volte, ora non lo farà più, anzi, come pulcino impaurito, corre a rifugiarsi sotto le ali protettrici di Gesù. Sulla riva trovano un fuoco acceso e sulle braci del pane e dei pesci. Il Signore può pescare anche senza l’aiuto, certamente importante, ma non determinante, dell’uomo. E Gesù apprezza anche l’opera dell’uomo tanto che invita a portare anche dei pesci appena da loro pescati. Pietro, sia come padrone della barca e sia per insolito zelo spinto dal desiderio di riscatto, corre a prenderli dalla barca: 153 grossi pesci. Su questo numero gli esegeti si sono sbizzarriti con la fantasia: chi vuole vedervi il numero dei popoli allora conosciuti, centocinquantatre; chi fa cento i popoli + cinquanta Israele + la Trinità; ecc. Quello che è certo che era veramente una bella pesca che si può fare comunque solo con Gesù: senza non si prende nulla.
Certamente i dubbi, i timori, le perplessità che avevano, quando decisero di andare a pesca, con la sua presenza Gesù li ha totalmente fugati e dopo giorni di angosce e paure accanto al Signore ritrovano la serenità. Tre furono i rinnegamenti di Pietro e tre sono le domande che il Signore Gesù pone a Simon Pietro per dargli l’incarico di pascere le SUE pecore. Il gregge affidato a Simon Pietro è il gregge di Gesù e Pietro le deve solo pascere e custodire. E’ curioso notare i verbi usati da Gesù e quelli usati da Simon Pietro nelle sue risposte. Per due volte Gesù il verbo agapào “αγαπάω” che significa “amare”, ma che viene abitualmente tradotto “carità” significando un amore totalizzante, senza contropartita. E’ strano, ma Pietro risponde sempre “filò se”- “φιλώ σε” -, “ ti amo”, cioè usa un verbo di amicizia, di simpatia, ma non lo stesso verbo di usato da Gesù per due volte. Alla terza Gesù si arrende e usa lo stesso verbo usato da Simon Pietro: “filèis me?”- φιλέις με?- . Come leggere questo fatto? Forse l’uomo non è capace di dare tutto. Il Signore lo sa, lo ha sempre saputo fin dalla alleanza con Abramo, quando giurò solo il Signore e non fece giurare Abramo per non farlo diventare spergiuro. ( Genesi 15,1-21) Eppure, Signore,… Eppure, Signore,... Eppure. Signore, siamo tue creature e figli tuoi; abbi pietà di noi.

giovedì 8 aprile 2010

OTTAVA DI PASQUA

Chiedo scusa se questa settimana non pubblico il mio commento al vangelo perché ho occupato tutto il tempo a cercare articoli sulla Risurrezione. Devo constatare la diffusa mancanza di fede a riguardo e il costante tentativo di negarla avvolgendola nel “mito” (Bultmann) o inserendola in una visione di ideologia filosofica (Hegel) o di strutturalismo etnico ecc. Devo confessare che ne sono rimasto sconvolto, anche perché a questa corsa al massacro partecipano uomini di Chiesa che, nel tentativo di voler spiegare all’incredulo uomo moderno con parole moderne la Risurrezione, finiscono sostanzialmente per negarla. Negando la Risurrezione, come conseguenza ovvia, si nega anche la incarnazione, quindi di Gesù rimane solo la figura di una bravo e saggio uomo vissuto duemila anni fa di cui rimane traccia in certi libri che raccontano certi suoi detti e fatti. Cioè non c’è Rivelazione. Non c’è rivelazione perché tutto è iscritto nella nostra coscienza profonda e si tratta solo di tirarla fuori; e sarebbe questo che ha fatto Gesù; cioè né più e né meno che un altro Socrate. Fortunatamente senza Santippe!
Capite bene in quale abisso di orrore sono andato a ficcare il naso.
Ci vediamo la prossima settimana.