lunedì 23 novembre 2009

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO

I° dom. avvento anno C
29 – 11 – 2009
(Geremia cap. 33) [14]Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda. [15]In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. [16]In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.

(1Tessalonicesi cap. 3) [12]Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi, [13]per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.[1]Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. [2]Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

(Luca cap. 21) [25]Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, [26]mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
[27]Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.
[28]Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». [34]State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; [35]come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. [36]Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

In linea di massima, il brano evangelico proposto si spiega, si integra, si completa con il brano del V.T., mentre, talvolta, il brano delle lettere suggerisce all’assemblea modi e modelli comportamentali del cristiano.
Questa prima domenica di Avvento, la liturgia ci propone un brano del Vangelo di Luca che annunzia uno sconvolgimento cosmico tale che nessuno si potrà sottrarre ad esso, riguarderà proprio tutti; ebrei e non ebrei, credenti e atei, tutti saranno coinvolti in questo sommovimento che sta per accadere. Perciò invita a non lasciare che le preoccupazioni del mondo abbiano il sopravvento sulla doverosa attenzione da porre al compiersi di questo avvenimento che sconvolgerà gli assetti conosciuti del mondo. Peggio ancora se i cuori sono appesantiti da comportamenti viziosi quali ubriachezze, dissipazioni, orge, ecc.
Il brano del libro del profeta Geremia ci rammenta la promessa del Signore: < [15]In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. E’ questo evidentemente lo sconvolgimento epocale di cui ci ha parlato il brano evangelico. E lo è veramente. Ha sconvolto solo la vita degli ebrei, dei credenti? . No, ha modificato il modo di agire e di pensare di tutto il globo. Innanzi tutto, il calendario. In tutto il mondo oggi si datano gli anni a partire dalla nascita di Gesù Cristo. Ormai è talmente consolidato che non si scrive neppure dopo Cristo, tanto tutti lo sanno. Anche gli ebrei, pur usando un pleonasmo (E.v. Era volgare) per non fare riferimento al Cristo, fanno comunque riferimento alla nascita di Gesù. E così per tutti gli altri popoli non cristiani. L’etica, la morale, rispettata o no, fa riferimento a quella dettata da Gesù Cristo. Non è stato questo uno sconvolgimento epocale ? Non è stato questo avvenimento una nuova creazione? Si è passati dal regime della Legge al regime della Grazia, dirà Paolo nella lettera ai Romani.
Il brano della prima lettera ai Tessalonicesi ha invece dei suggerimenti pratici per il cristiano che possono sintetizzarsi in tre punti. Primo: pregare. Pregare perché il Signore illumini le nostre menti e ci faccia penetrare sempre più in profondità nella comprensione di questo mistero facendoci diventare veri ed autentici seguaci di Cristo. Secondo: comportarci da cristiani, cioè amare, amare sempre. Amare non significa buttare le braccia al collo del mio fratello, ma rispettarlo, accettarlo, pensare sempre che il mio fratello è migliore di me. Terzo pregare perché il Signore ci aiuti a realizzare tutti questi propositi, perché da soli non ne saremo mai capaci.
















mercoledì 18 novembre 2009

Gesù Cristo re dell'universo

(Daniele cap. 7) [13]Guardando ancora nelle visioni notturne,
ecco apparire, sulle nubi del cielo,
uno, simile ad un figlio di uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
[14]che gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano;
il suo potere è un potere eterno,
che non tramonta mai, e il suo regno è tale
che non sarà mai distrutto.

(Apocalisse cap. 1)[5]e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, [6]che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
[7] Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà;
anche quelli che lo trafissero
e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto.
Sì, Amen!
[8]Io sono l'Alfa e l'Omega, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!

(Giovanni cap. 18)gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?». [34]Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». [35]Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». [36]Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». [37]Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Con questa domenica, in cui si festeggia la regalità di Gesù Re dell’universo, siamo giunti alla fine dell’anno liturgico B. La prossima domenica inizia l’anno C e sarà la Prima Domenica di Avvento.
In tutte e tre letture viene esaltata la regalità di Gesù: le prime due presentandocelo in una visione escatologica. Il sogno di Daniele vede un uomo giungere sulle nubi ed essere presentato al “vegliardo”, a Dio che gli dà potere su tutte le nazioni della terra. L’Apocalisse identifica questo figlio d’uomo in Gesù Cristo testimone fedele che sarà riconosciuto alla fine dei tempi da tutta l’umanità, anche da coloro che lo combatterono e rinnegato sulla terra, battendosi amaramente il petto con le mani intrise del suo sangue. Il vangelo di Giovanni ci racconta la dichiarazione di regalità fatta da Gesù di fronte a Pilato: . Devo confessare che l’immagine di “regno” per esprimere il concetto della regalità divina mi è sembrata sempre limitativa. L’uomo prima di Gesù, ai tempi di Gesù ed oggi per esprimere un potere assoluto ed incontrastato pensa alla istituzione politica terrena del regno assoluto. Soddisfa questa immagine per definire la realtà che ci attende? Soddisfa l’immagine teofanica anticotestamentaria di Gesù che “ritorna con grande potenza e gloria sulle nubi del cielo”? Mi rendo conto che il regno assoluto, senza oppositori , era l’unica immagine che poteva venire alla mente di chi cercava di descrivere una realtà avvenire sopranaturale, ma non tale da soddisfare l’uomo attuale. Mi rendo anche conto che non è certamente facile descrivere una realtà fuori della realtà tangibile, sovrannaturale. Gli evangelisti hanno raccontato, ciascuno a modo suo, gli avvenimenti, interpretandoli a posteriori alla luce dello Spirito Santo. La ristrettezza della lingua impediva di descrivere quello che dentro di loro sentivano. Per quanto mi riguarda, uno squarcio della regalità di Gesù io la trovo nel prologo del Vangelo di Giovanni, quando dice: (Giovanni cap. 1)
ma doveva render testimonianza alla luce.
[9]Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Gesù era venuto nel mondo per testimoniare la luce vera. Quindi Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre e il regno di Dio è il regno della luce. Quella luce arcana, inimmaginabile che penetra ogni uomo mettendo in evidenza la sua intima essenza creaturale, alla luce della quale nulla rimane nascosto. Dio non è quella luce cruda, violenta che noi conosciamo, ma è una luce soffusa di dolcezza, di benessere, d’amore che porta pace e tranquillità, che spinge ad aprirsi all’amore a Dio attraverso i propri simili. In quel regno ciascuno sarà cullato in quella luce riassaporando per un attimo eterno la dolcezza dell’amoroso abbraccio materno. Per me Gesù è il re di quel regno. Per questo Egli è venuto, questa è l’Evangelo, la Bella Notizia.




martedì 10 novembre 2009

33° Domenica

15 – 11 – 09
(Marco cap. 13) [24]In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà
e la luna non darà più il suo splendore
[25] e gli astri si metteranno a cadere dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
[26]Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [27]Ed egli manderà gli angeli e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.
[28]Dal fico imparate questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; [29]così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. [30]In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. [31]Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. [32]Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

“Dopo quella tribolazione” è la guerra giudaica combattuta dai romani tra il 66 e il 70 d.C. conclusasi con la presa di Gerusalemme, dopo un lungo e sanguinoso assedio, e la distruzione del Tempio. Assediati erano giudei e giudeo-cristiani. I giudei prudenti e ben pensanti seguirono Yochanan Ben Zakkai che col permesso dei romani (Vespasiano)si rifugiarono a Yavne dando origine al rabbinismo, mentre i giudeo-cristiani trovarono scampo a Pella sui monti della Giordania. La guerra era originata dal costante rifiuto del popolo ebraico alla ellenizzazione prima e alla resistenza antiromana poi. Avvenimenti tragici e dolorosi, ma a noi, a distanza di duemila anni, cosa hanno comportato? Nel popolo ebraico la distruzione del Tempio ha comportato la perdita di un posto sacro dove pregare Dio e quindi la diaspora. La sacralità del Tempio di Gerusalemme è stata sostituita dalla sacralità della Torah e altre conseguenze che non stiamo ad esaminare. Per il popolo cristiano l’imminenza, almeno per il primo e secondo secolo, del ritorno di Gesù come giudice. I cristiani erano soliti riunirsi per i sacri riti il primo giorno dopo il sabato, in “Dies dominica”, perché da Risorto era apparso ai discepoli sempre di domenica e speravano che il Signore sarebbe ritornato, come aveva promesso, di domenica. Però a differenza delle prime apparizioni, in cui si presentava augurando , “dopo quella tribolazione” il Signore sarebbe ritornato sì, ma “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”, in veste di giudice.
Tutto questo, dopo duemila anni, ancora dura: gli ebrei senza Tempio e il popolo cristiano nella attesa di quel giudice che metterà a nudo le colpe di ognuno. Tutti i cristiani aspettiamo il ritorno di Gesù, ma se pensiamo che allora saremo giudicati cominciamo a pensare che ciò avvenga il più tardi possibile.
<<(Giovanni cap. 21) [22]Gesù gli rispose: «Se voglio che egli (Giovanni) rimanga finché io venga, che importa a te? Tu (Pietro) seguimi ». [23]Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto,>> Gesù ha invitato Pietro a seguirlo e Giovanni a rimanere. Pietro è l’Apostolo della forza, dell’intraprendenza, del dinamismo, Giovanni e l’Apostolo dell’amore. Noi dobbiamo seguire Gesù, nella attesa del suo ritorno, facendo ciò che faceva Lui, con coraggio ed intraprendenza senza retrocedere di fronte alle minacce del mondo, dichiarando e praticando la nostra fede nel Padre e nel nostro Signore Gesù. Seguire Gesù facendo di Lui il Kirios, il Signore, della nostra vita, come Pietro. Amare come Giovanni che rimane in amorosa attesa del ritorno dell’“Amato”. Giovanni rimane nella attesa del suo Signore come un innamorato nella attesa di incontrare nuovamente la persona amata dopo che ha fatto esperienza di quell’amore. Ciascuno di noi, nel proprio intimo, conserva un ricordo, un motivo, un avvenimento che lo collega a quel Gesù che ci ha amati per primo.



lunedì 2 novembre 2009

LECTIO DIVINA

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 08 – 11 – 2009

(1Re cap. 17) [10]Egli si alzò e andò a Zarepta. Entrato nella porta della città, ecco una vedova raccoglieva la legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un pò d'acqua in un vaso perché io possa bere». [11]Mentre quella andava a prenderla, le gridò: «Prendimi anche un pezzo di pane». [12]Quella rispose: «Per la vita del Signore tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un pò di olio nell'orcio; ora raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo». [13]Elia le disse: «Non temere; su, fà come hai detto, ma prepara prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, [14]poiché dice il Signore: La farina della giara non si esaurirà e l'orcio dell'olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra». [15]Quella andò e fece come aveva detto Elia. Mangiarono essa, lui e il figlio di lei per diversi giorni. [16]La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di Elia.

(Marco cap. 12) [38]Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, [39]avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. [40]Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
[41]E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. [42]Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. [43]Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. [44]Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Stavolta la mia attenzione è stata catturata dall’atteggiamento della vedova di Zarepta, della sua disponibilità, del suo altissimo senso di accoglienza e di ospitalità. Lei non era ebrea e neppure cananea, e niente l’accomunava con quello sconosciuto, neppure la fede religiosa tanto da rivolgersi ad Elia non chiamandolo per nome, ma per la sua fede religiosa: «Per la vita del Signore tuo Dio>>. Questa vedova accoglie Elia ed è disposta a dividere con lui quanto le resta di cibo, non fa neppure caso alla scortesia del sant’uomo che non le chiede, ma le ordina. In lei era presente quel senso dell’ospitalità assente anche da noi. E’ un sentimento, quello dell’ospitalità, alquanto raro. Siamo soliti chiuderci nel nostro guscio, impenetrabile a chiunque, non solo nell’accogliere nelle nostre case uno sconosciuto, ma neppure nel nostro banco in chiesa. Se in chiesa entrano dieci persone, state certi che occuperanno dieci banchi: nessuno vuole sedersi vicino all’altro, come fosse un appestato. E non tiriamo fuori la scusa che è per l’intimità della preghiera! L’amore del prossimo è inseparabile dall’amore di Dio.
Chiusa questa parentesi, vediamo il Vangelo di Marco. Non si sono ancora spenti gli echi delle beatitudini della scorsa domenica che il Signore, nel brano che la sacra liturgia ci propone, ci da’ un esempio di cuori non sinceri, impuri che guardano più ai loro interessi che a quelli del Signore. Parliamo degli scribi, ovviamente. Ma chi erano questi scribi? Che funzioni avevano? Originariamente gli scribi (“Οι γραμματοι”, òi grammatòi – gli scribi) erano dediti alla trascrizione dei testi sacri divenendo esperti culturali delle tradizioni e della “Legge di Dio” per finire, col tempo, ad insegnare la tradizione e interpretare la fede di Israele attraverso lo studio delle Sacre Scritture. Ai tempi di Gesù, essendo per i loro studi divenuti esperti di diritto, facevano da avvocati ponendosi alla difesa dei diritti delle vedove, ma finendo per dissanguarle con le loro parcelle. Mi piace trascrivere quanto ha scritto uno studioso in proposito: < Ci si saluta per strada augurando per primi “shalòm alekà” a colui che si intende onorare. Quando i rabbini ambiscono il saluto, desiderano essere salutati “per primi”, e quindi di essere riconosciuti in pubblico come i maggiori >. Amavano occupare i primi posti nelle sinagoghe pretendendo, magari, un seggio più elevato o sedia con braccioli, erano soliti, dopo le cerimonie, uscire in piazza e passeggiare con ancora gli abiti cerimoniali, ovviamente per essere notati e riveriti. Ripetutamente Gesù ha mosso critiche a quelle persone influenti provocandone la loro mortale ostilità; il loro cuore rimaneva comunque arido e impenetrabile all’amore predicato da Gesù. Gli alti insegnamenti ideali e programmatici del cristianesimo che doveva nascere non trova presa in queste persone nei quali prevalevano i loro interessi personali; e si ritenevano pure saggi, sapienti e giusti!
L’ebreo maschio doveva saper leggere la parola di Dio e nelle sinagoghe si insegnava ai fanciulli almeno a leggere, se non a scrivere. E c’era per ogni ebreo l’obbligo di approfondire la Parola di Dio, pertanto, accontentarsi di una conoscenza della Parola per sentito dire, attraverso gli scribi, era una loro mancanza, se non colpa.
Al giorno d’oggi gli scribi - e anche i farisei come movimento religioso - sono scomparsi. Quello che non è scomparso, però è l’abitudine di affidare ad altri la conoscenza, l’approfondimento della Parola. La Sacra Scrittura, qualcuno ha detto, è la lettera scritta dall’amante all’amato; dove l’amante è Dio, che ha amato per primo, e l’amato è l’uomo. Chi è l’uomo, o donna, che rimanderebbe, o non vorrebbe neppure leggere, la lettera inviatagli dal proprio amante? “Aprite le porte a Cristo!”gridava Giovanni Paolo II.