XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - 25 OTTOBRE 2009
Oggi, 20 0tt0bre, inserisco le mie riflessioni sul vangelo della prossima domenica. Mi rendo conto che è un po' più lungo del solito, ma esso è il frutto di anni di riflessioni su questo brano e, vi piacia o non, ho voluto tagliare soli pochi argomenti che non mi sembravano del tutto pertinenti.Buona lettura.
(Marco cap. 10) [46]E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. [47]Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». [48]Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
[49]Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». [50]Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. [51]Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». [52]E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
L’episodio del cieco di Gerico è una delle pagine evangeliche a me più care: forse perché da esso ho tratto la mia giaculatoria che mi accompagna sempre “Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me”.
“Il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare.”
Essere cieco come questo povero di Gerico voleva dire dipendere totalmente dalla generosità altrui: l’unica speranza per sopravvivere era mettersi al lato di una strada frequentata e tendere la mano ai passanti. Certo questi, i passanti, erano coscienti delle condizioni sociali del disgraziato e, penso, condividessero con il loro obolo a mantenere in vita il povero minorato. Il passante, che spesso conosceva personalmente il mendicante, gli allungava uno spicciolo o, come si usava nelle campagne dalle mie parti, un tozzo di pane, non sempre fresco di forno. Non c’era certamente da scialacquare: la vita era dura per la popolazione, figurarsi per il povero mendicante. Ma per il cieco era questa l’unica speranza non essendo il padre, Timeo, che in più del figlio forse aveva solo gli occhi per piangere, in grado di mantenerlo. Bartimeo era talmente povero da non avere nemmeno un nome proprio. O meglio, certamente l’aveva, ma era da tutti conosciuto come il “figlio di Timeo”, Bartimeo
Sedeva. Più che seduto, diremo che era accosciato al lato della strada, in atteggiamento umile e sottomesso, come si conviene a chi chiede qualcosa. Spesso nel linguaggio biblico un uomo seduto sta a significare l’atto di sedersi a giudicare. Ma il nostro povero cieco era seduto per terra, nella polvere, quasi in atteggiamento di penitenza, di abbattimento, di estrema miseria e sconfitta. “ lungo la strada” . Certamente non gli avevano riservato il centro della strada!! Ma sedeva al lato della strada, là dove si accumulano i rifiuti, i sassi, la polvere, i derelitti, i mendicanti insieme all’ immondizia. Qui sedeva Bartimeo a mendicare.
A questo punto conviene fermarci per riordinare un po’ le idee. Cosa ci vuole dire con questo episodio, anzi con queste prime righe, l’evangelista? La strada è il mondo: gente che va, gente che viene. Dove porta? Non porta da nessuna parte, è fine a se stessa. In essa sediamo noi, ciechi e, sostanzialmente, miserevoli, ai lati di questa strada in mezzo alle sue immondizie fatte di piaceri, di sesso, di soddisfazione dei nostri più bassi istinti. Ci lasciamo attrarre e coinvolgere in cose talvolta anche legittime e di tutto rispetto come il lavoro, la famiglia, i figli, la moglie (o il marito),la casa, l’arte, la musica, lo sport ,ecc. Tutte cose legittime, ma alle quali non sappiamo dare il giusto valore. Sono queste cose importanti, ma non da mettere al primo posto nella nostra scala dei valori. Poi ci sono delle cose meno rispettabili come il denaro, il successo conquistato a tutti i costi, il potere, il possesso di beni ecc. che in nessun caso devono trovare posto nei desideri di un cristiano. (1Tim.cp. 6)"Questo devi insegnare e raccomandare.[ [7] Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via. [8]Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo". Così Paolo nella lettera a Timoteo. Siamo ciechi e non vediamo quale miseria ci circondi e non vediamo neppure cosa è importante e cosa lo è meno. Tutto passa e di tutto questo non ci rimane nulla. Ci lasciamo guidare da chi crediamo che il mondo lo conosca e lo domini: scrittori, filosofi, televisione, partiti politici, maestri spesso del male, del sopruso. Sentiamo cosa ci dice il Signore di questi falsi maestri: < "(Matteo cap. 15)[14]Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!». Siamo seduti in attesa di un obolo effimero che il mondo ci allunghi. E, quel che è peggio, noi siamo pure contenti di questa situazione! Ci fanno sentire al centro del mondo, ci sembra che tutto ruoti intorno a noi, ci dicono che noi siamo i padroni di noi stessi. Siamo come i drogati alla loro prima esperienza: crediamo di dominare il mondo per poi accorgerci che ne siamo dominati, ci dicono di essere i protagonisti e non ci accorgiamo di sedere nell’immondizia. Chi siamo ? Dove andiamo? Siamo polvere nella polvere ed il mondo, che tanto amiamo, un giorno sparirà con noi. Ed allora....? Che ne sarà di noi? Sarà vero, come ci dice il mondo, che TUTTO finirà con noi, che non c’è un aldilà, che non c’è vita dopo questa? Certo questo nostro corpo, (espressione fisico-chimica, come dice qualcuno) è destinato alla distruzione ma sarà poi vero che tutto finisce con lui? E se non fosse così? Cosa ho fatto o faccio io per questa altra vita che mi attende? Diceva Blaise Pascal, un cristiano del ‘600, : noi abbiamo fatto una scommessa: “Dio esiste o non esiste? Io dico che esiste e mi comporto come se ogni giorno dovessi comparire davanti a Lui. Tu invece dici che non esiste e ti comporti coerentemente con la tua idea. Ora se io muoio e non esiste io non avrò perduto nulla, tutto sarà finito, e nella nostra scommessa saremo pari. Ma se esiste io sarò salvo. E tu.....? Tu avrai perso la scommessa. Che ne sarà di te?” Ma ritorniamo al nostro cieco seduto sulla strada di Gerico. Del suo mondo, della realtà che lo circonda egli conosce quasi esclusivamente quello che gli dicono gli altri. E’ una vita monotona la sua, sempre le stesse cose. Ma oggi sente un subbuglio, un mormorio di gente che ai suoi orecchi resi ipersensibili dalla sua infermità appare come un frastuono, e chiede cosa sta succedendo. “Passa Gesù, il Nazareno”. Nei discorsi fatti al lato della strada si è parlato talvolta di questo taumaturgo, di questo santo uomo e dei miracoli da lui compiuti, ma ha preso la notizia come una cosa troppo lontana da lui, come un qualcosa che non lo riguarda. Non aveva mai pensato che anche a lui fosse data la opportunità di incontrario. Ha un lampo. Capisce subito che quella è l’occasione della sua vita, non può lasciarsela sfuggire. Per cui gli esce dal petto un grido, una invocazione cui non aveva mai pensato: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me”. Ma questo grido accorato non piace alla gente, dà fastidio, non sta bene: ”Statene al posto tuo, fai silenzio”. ”Non è opportuno in questo momento che tu ti metta a gridare. Ma chi ti credi di essere per importunare così il nostro ospite e anche noi.?” Ma nel cieco si rafforza sempre di più la convinzione che QUELLA è l’occasione della sua vita, non può lasciarsi intimidire. Ha sempre fatto silenzio, ha sempre fatto ciò che gli altri gli hanno permesso, ora non più. Non in questa occasione almeno. Pertanto grida ancora più forte per sovrastare il clamore della folla: “ Figlio di Davide, abbi pietà di me”. Questo grido sgorgato più dalla mente che dal cuore in cui riconosce a Gesù la figliolanza di Davide e quindi il ruolo di inviato del Signore, cioè di Messia, è teso esclusivamente ad attirare l’attenzione di Gesù. In quel grido, così come ce lo riportano gli evangelisti, non c’è un riconoscimento della divinità di Gesù ma solo il titolo di Messia. Forse il cieco non si rende conto neppure lui di quello che Gesù rappresenta, pensa solo vagamente che Gesù lo possa aiutare e perciò desidera incontrarlo. Non lo chiama, come farà Tommaso nel cenacolo, con una espressione proveniente dal cuore: ”Mio Signore e mio Dio !!”. Gli dà solo il titolo messianico, terreno. Ma Gesù accetta anche questo solo titolo. Che il cieco sia determinato nel suo proposito è sicuro, ma cosa Gesù potrà fare per lui non gli è chiaro. Perciò grida ancora più forte. Gesù, sempre attento alle sofferenze umane, pur in mezzo al frastuono della folla, percepisce questo grido implorante e chiede chi fosse a gridare e, saputolo, ordina che glielo conducano davanti. “Coraggio! Alzati! Ti chiama”. “Coraggio!!” E’ questa una parola che non si usa più. Siamo diventati tutti coraggiosi, non abbiamo più bisogno di incoraggiamenti; siamo tutti padroni del mondo!! Fermiamoci ancora una volta a riordinare le idee e cercare di capire che cosa ci sta dicendo il Signore. Anche noi , come il cieco di Gerico, siamo seduti ciechi e non vediamo nulla: non distinguiamo ciò che importante nella vita e ciò che lo è meno o che non lo è affatto. Sentiamo parlare di Dio, di Gesù, di salvezza ma sono discorsi che non ci interessano: “Mi occuperò di queste cose più in là. Ora ho troppo da fare: mi devo occupare del mio lavoro, di sistemare i figli (o di allevarli), di tante altre cose che dipendono da me. Non ho tempo!” Ma quando noi pensiamo di poterci occupare di queste cose ce ne sarà dato il tempo? Le chiese sono frequentate in prevalenza da persone anziane che forse in gioventù hanno ragionato in questo modo ed oggi, nell’imminenza della chiamata all’altra vita si ricordano di quale sia la posta in gioco. Ma per ognuno di queste persone anziane quanti loro coetanei sono morti prima? Cerchiamo di non aspettare il tempo propizio che forse non verrà mai. Questo è il tempo. Ora. Se tu ti metti in ascolto, senti la chiamata di Gesù. Non lasciare che Gesù, che ti sta passando vicino, passi invano. Grida anche tu come il cieco. “Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù”. Ecco il punto: gettato via il mantello. <(Es. 22,25]Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, [26]perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l'aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso>. Il mantello è il tetto, la casa del misero. E’ tutto quello che possiede, non ha altro e per questo il Signore nell’Esodo dà delle precise disposizioni: non glielo toglierai neppure per una notte!! Ma il nostro cieco ha trovato un tesoro più grande, che lo rende ricco: ha trovato Gesù. Ora non ha più bisogno del mantello, tutta la sua fiducia la ripone in Gesù. Non ha bisogno d’altro. Prima stare sotto il mantello, sentirselo addosso, gli dava un senso di sicurezza: non era del tutto esposto ai pericoli. Certo era una sicurezza relativa, ma per chi non possiede che quel mantello quello é la sua sicurezza.
Quel mantello per noi è tutto quello che il mondo ci dà: denaro, stipendio o pensione, vigna, casa, conto in banca ecc. tutte quelle cose cioè sulle quali noi abbiamo fondato la nostra effimera sicurezza. Sono i nostri nuovi idoli ai quali dedichiamo tutte le nostre energie, ai quali sacrifichiamo tutto il nostro tempo. Né più e né meno di come facevano gli adoratori degli idoli prima della venuta di Cristo. Il cieco compie l’atto estremo di buttarlo via, noi, almeno metaforicamente, dobbiamo fare altrettanto. Non voglio dire che ci dobbiamo, da un giorno all’altro, privarci dei nostri beni, rinunciare a tutto quello che il mondo ci ha offerto. Sarebbe un atto eroico che il Signore chiede solo a certi a Lui consacrati: Per noi è sufficiente che diamo il giusto valore ai beni posseduti, a qualsiasi titolo noi li si possieda. Noi li abbiamo ricevuti solo in prestito, in effetti non ci appartengono. Quando moriremo li lasceremo ad altri, non porteremo via nulla da questo mondo. Li lasceremo come altri li hanno prima lasciati a noi. Ce ne andremo nudi come nudi siamo venuti in questo mondo!
Il cieco ha capito questo, e butta via ciò che possiede, senza rimpianto. Gesù lo chiama e non ha bisogno d’altro: la sola chiamata di Gesù lo appaga. Non sa cosa gli chiederà e cosa Gesù gli accorderà, ma già la sua presenza, il fatto di trovarsi di fronte a Lui, di essere da Lui riconosciuto è per lui sufficiente.
“Che cosa vuoi che io faccia per te?” Questo gli chiede Gesù. (Mat cp.6)[7] il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.) Gesù sapeva già cosa gli avrebbe chiesto il cieco, ma glielo chiede espressamente. Dio ha creato l’uomo libero, assolutamente libero in ogni sua manifestazione e Dio ha sempre rispettato e rispetta questa libertà. E nel rispetto della libertà del cieco gli chiede “Che cosa vuoi che io faccia per te?” Forse il cieco non si era preparato a quella domanda, forse voleva incontrare Gesù solo per avere una parola di conforto, forse nel suo grido, che riconosceva in Gesù l’inviato di Dio, implorava solo una generosa elemosina. Ma essere alla presenza di Gesù lo trasforma, percepisce quale potenza si celi in quel personaggio, sente che chi gli sta davanti non è un semplice uomo, che con lui può osare l’impossibile certo di essere esaudito. E nella sua certezza chiede di essere liberato dalla sua infermità: “Rabbunì, che io riabbia la vista”. Ecco, semplicemente questo. Il verbo greco usato da Marco è <> che vuol dire “riacquistare la vista”. Ma vuol dire anche “guardare in alto”.(Rocci- Dizionario greco – italiano –Per il verbo anablepo da’ 2 significati : 1° guardare in su, in alto; 2° vedere di nuovo). Ora se noi propendiamo per la seconda traduzione, che è la più comune, evidentemente Bartimeo un tempo vedeva e ora vuole vedere di nuovo. E’ come uno che ha perso la fede, che vede intorno a sé solo buio e tenebre ed ha paura. Per questo chiede al Signore di vedere di nuovo, di liberarlo dalla cecità. Quanti di noi sono ciechi!! Non vedono nulla e si ostinano nella loro beata cecità! Oppure quanti di noi sono ciechi per un periodo più o meno lungo, quando vogliono sostituirsi a Dio credendo di bastare a sé stessi, ciechi fino a credere che il Signore di disinteressi di lui. Se invece propendiamo per la seconda ipotesi di traduzione (sono ambedue valide e complementari fra loro) ci accorgiamo che Bartimeo è meno cieco di quello che sembri. Egli vuole guardare in alto, è in cerca di altri orizzonti, chiede di avere altre speranze, altre prospettive di vita. Vuole abbandonare questa vita di buio, di orizzonte limitato per entrare in una altra realtà sovrannaturale in cui avere risposte alla sua angoscia. Vuole che lo si tolga da questa vita di miserie, non vuole più vedere la polvere della strada del mondo alla quale è abituato. Vuole avere orizzonti più consoni alla sua spiritualità. In questo senso Bartimeo è meno cieco di chi ha 10/10 di vista: lui sa cosa importa della vita e cosa importa meno, sa dare valore alle cose. Certo è importante per lui vedere anche il colore del cielo, godere della bellezza della natura, ma ancora più importante è fissare il suo sguardo su chi della vita è il padrone. Per questo Gesù gli dice che è stato salvato dalla sua fede; non gli dice di averlo guarito, ma di averlo salvato grazie alla fede riposta in Lui, in Gesù. Ci sono ciechi che vedono più di coloro che dicono di vedere benissimo e ci sono nella storia e nel mondo persone che hanno aperto gli occhi. Non è facile credere. Lo stesso Papa Giovanni Paolo II l’ ha definita . Non è facile perché si oppongono ostacoli che sembrano insormontabili: la cultura innanzi tutto, poi quella che noi chiamiamo intelligenza, raziocinio, ecc. La cultura. Uno ha letto un po’ di filosofia, si è lasciato irretire dai discorsi pseudo sapienti dei filosofi, di uomini di prestigio, ( politici, professori, conferenzieri, media) e si adegua, segue pedissequamente le loro idee. Ma è giusto? Non posso essere cristiano perché non sono d’accordo sul come si comportano i preti, i religiosi, i cristiani ecc. Posso dire che non sono d’accordo neppure io. Oppure non accetto e non capisco il Dio cristiano che si occupa in continuazione dell’uomo? Il nostro Dio prende parte alla vita delle sua creature, vivendo con lui, camminando con lui, essendo presente in ogni istante della sua vita.
Insegnamenti per noi? Mi pare che siano abbastanza evidenti: aprire gli occhi, saper discernere fra le cose della vita quelle che sono importanti da quelle che lo sono meno. Ci dobbiamo fare una scala di valori mettendo al primo ciò che più conta. Misurando non solo questa vita sulla terra ma non dimenticando che siamo stati creati per l’eternità. Dirà qualcuno: <>. Ricordati di quanto detto prima, della scommessa. Fratello mio, anche tu sei incastrato, non puoi tirarti fuori. Se ti metti in ascolto sentirai che Gesù ti chiama, che sta passando vicino a te, che sta chiamando proprio te. Ascolta, come era attento ai rumori il cieco di Gerico. Sentirai una vocina. Non soffocarla. Falla diventare un grido assordante nel tuo cuore.
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